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New Jersey.
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Notizie da Morrone.
A cura dei ragazzi del forum


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Omaggio a Donato Di Luca.

Era un tardo pomeriggio di fine settembre, tornato da poco da Morrone, avevo in testa una frase sentita durante la presentazione del libro "capemmond e capebball": crije si dice solo a Morrone!
Sarà vero? Facile accertarsene, piccola ricerca in internet ed ecco, trovato,stessa parola usata in Piemonte, ma il significato è diverso.
Continua la ricerca e alla fine trovo la parola nel sito di Borrello, paesino del Chietino, al confine col Molise, poco più a nord di Agnone.
Questa volta ci siamo, stesso significato, "crije", cioè nulla.
Comincio a leggere e più vado avanti e più mi accorgo di quanto simili siano i nostri dialetti.
Più vado avanti e più mi accorgo dell'impatto emotivo della prosa di Donato di luca , tanto che alla fine della pagina è tanto il desiderio di parlare con l'autore che mi trovo a consultare su internet le pagine bianche per trovare il numero telefonico.
Vive a Rimini, compongo il numero e all'altro capo risponde la figlia.
Mi può passare il signor Donato?
Chi lo vuole? Breve spiegazione del perché della telefonata e inizio a parlare col signor Donato.
Ci tratteniamo al telefono per quasi mezz'ora e confrontiamo i nostri dialetti, le parole non più in uso, i modi di dire e conveniamo che davvero ci sono molte somiglianze.
Mi dice anche che porterebbe volentieri questo spettacolo a Morrone chiedendo il solo rimborso delle spese.
Poi penso a Morrone e a come accoglierebbero uno spettacolo di questo tipo, mi viene in mente una vecchia frase sentita a Morrone.
Non credo sia il caso sa... al mio paese sono ancora "pane e terra" e ci salutiamo col proposito di risentirci o magari visto la vicinanza, Rimini è a novanta chilometri da Ancona, di vederci di persona e continuare a parlare del dialetto morronese e del suo di Borrello.

Altre informazioni: http://www.borrellosite.com/

PLANCTUS MARIAE
 


locandina composta da Simona Spagnuolo in occasione della prima rappresentazione
- Borrello 19.8.2002 -

Il monologo, come una sonata, consta di quattro movimenti non indipendenti, ma concepiti in modo che ognuno dipenda e prenda giustificazione dall'altro. In questo modo i movimenti conducono attraverso il dolore, la disperazione, il ripiegamento sulla propria vicenda, per giungere alla consapevolezza finale: nel tentativo di rispondere a questa domanda: ma Maria, come donna concreta e madre di un figlio brutalmente assassinato, può non aver sofferto e imprecato? È possibile che abbia immediatamente capito ed accettato senza accusare tutto e tutti della crudeltà verso il proprio figlio? Può essere minimamente controllato il dolore di una madre quando vede il proprio figlio soffrire e morire?
Una ispirazione ideale lo riconduce al celebre "Donna de Paradiso" di Jacopone da Todi, e il primo movimento, quello intitolato "Figlio Vituperato", ne é quasi una citazione.
Il secondo movimento "Ah Padre Eterno!" é quello più forte, più duro e quasi biasfemo, a stare alla lettera. Ma mi pare di avere ben chiarito nel testo che Maria é consapevole di quel che sta accadendo e anche del perché accada. Infatti, ella rimprovera al Padre che abbia potuto sacrifica-re suo figlio ad un progetto, sia pure di salvezza, sia pure di supremo amore: non che non condivida ma la carne ci si ribella. Allo stesso modo, mi pare, suo Figlio, prima suda sangue e poi, benché abbia proclamato "...tuttavia non la mia, ma la Tua volontà...", non per questo potrà evitare, in un altro momento di suprema disperazione, l'incredibile invettiva "...perché mi hai abbandonato..."! Ecco: direi che il "Padre svergognato" che risuona così scandalosamente nel secondo movimento alluda a questa invettiva.
Il terzo movimento, intitolato "Che abisso d'amore...", già ci mostra una donna più consapevole, che ripercorre la sua vita e il suo destino, per riaffermare che li ha accettati e vissuti per amore: non solo del figlio che sarebbe nato, ma per tutti gli altri figli e per tutte le altre madri.
Il quarto movimento, poi, "Misera me", mi sembra che risolva tutta la vicenda nel modo dovuto: e comunque questa era l'intenzione, tant'é vero che esso trae ispirazione dal celebre "O vos omnes qui transitis per viam, attendite, et videte, si est dolor sicut dolor meus" che, se non erro, ritorna a più riprese in qualche messa dedicata alla Madonna.

L'Autore

"Fije sbedeprate"

"Figlio vituperato"

Ah fije sbedeprate
ah fije sverberjete
ah fije scunecchjete
ah fije spatacciate.
Ah frute de le core
fruta cucente e larje
fruta che nen'z'archiute.
Fije mì streppejete...
Fije mì, le pedate
c'à date chiste piete
Fije mì quanta cocce
ste miene à 'carezzate
Fije, quanta parole
chesta vocche à parlate
Fije mì sbedeprate
ah fije sverberjete
ah fije scunecchjete
ah fije spatacciate
Fije sgrafenejete
uocchie che ne me vète
recchie che ne me sente
core mì gnè na préte:
che le sanghe n'ce cante.
Me vuoije appiccichì
a ste piette, a ste miene,
a sta fronte graschiete
gnè na cozze a la prète de le mare: 
vuoije arsiste a la miene
che me tire da te
gnè la cozze a le mare.
Me vuoije arventà te,
Fije mì spapanate,
carna mè adacciate,
vedèlle mé 'nzacrite.
Uocchie che ne me vète,
uocchie senza chiù luce,
uocchie che ne strellampe,
uocchie che nen z'abbambe;
vocche che ne me dice
vocche che ne me vasce...
Vocche che ne me vasce
vocche che ne me dice.
Lènghe c'à cummannate
A le viente e le mare
lenga mè, c'à zittite
peffine le diavre.
Lenghe che si parlate
lenghe c'à cummannate...
Mo' me te sì zittite
mo' me te sì 'ngarzate.
Dimme, dimme coccose
dimme "nen zì capùte? ..."
Dimme "che te ne 'ntriche? ..."
Dimme "ècchete fijete..."
Dimme "tu sì la mamme..."
Dimme...

Ne dice crije?


Fije mì senza lenghe
Fije mì senza rècchie
Fije che nen me sente
Fije che nen m'ascolte
Fije mì sbedeprate
Fije mì scunecchiete
Fije mì sverberijete
Fije mì spatacciate.
Core de mamme 'mbussate.

 

Ah, figlio vituperato
ah, figlio bastonato
ah, figlio sconocchiato
ah, figlio squartato.
Ah, ferita del mio cuore
ferita bruciante e ampia
ferita che non si rimargina.
Figlio mio storpiato...
figlio mio, quanti passi
han dato questi piedi
figlio, quante teste
queste mani hanno accarezzato
figlio, quante parole
ha pronunciato questa bocca.
Figlio vituperato
figlio bastonato
figlio sconocchiato
figlio squartato
figlio sgraffiato
occhi che non mi vedono
orecchie che non mi sentono
cuore come un sasso
in cui non canta il sangue.
Voglio attaccarmi
a questo petto, a queste mani,
a questa fronte graffiata
come una cozza allo scoglio:
voglio resistere alla mano
che mi stacca da te,
come la cozza al mare.
Voglio diventare te,
figlio mio sfiorito,
carne mia spezzettata,
mio intestino inasprito.
Occhi che non mi vedono,
occhi senza più luce,
occhi che non barbagliano,
occhi che non s'infiammano;
bocca che non mi parla
bocca che non mi bacia...
Bocca che non mi bacia
bocca che non mi parla.
Lingua che ha comandato
al vento e al mare
mia lingua, che hai zittito
perfino il demonio.
Lingua che hai parlato
lingua che hai comandato...
Ora taci
ora sembri immobilizzata.
Dimmi, dimmi qualcosa
dimmi: "Non hai capito?..."
Dimmi "che t'importa?..."
Dimmi "Ecco tuo figlio..."
Dimmi "Tu sei la madre..."
Dimmi...

 non dici nulla?


Figlio mio senza lingua
figlio mio senza orecchie
figlio che non mi senti
figlio che non mi ascolti
figlio mio vituperato
figlio mio sconocchiato
figlio mio bastonato
figlio mio squartato.
Cuore di madre sepolto.

                          
  Donato Di Luca
 

 

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