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La storia di Morrone del Sannio
1614. Visita di Mons. Eustacchio


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Morrone del Sannio. Il paese

l 13 luglio 1614 mons. Eustachio, vescovo di Larino, da Casacalenda, dove risiede da circa un mese, sale a Morrone, a prezzo di grandi sacrifici, dovuti alla febbre continua che lo divora e al gran caldo della stagione.
La Visita Pastorale è importante per verificare se il clero ha applicato i decreti di quella dell'anno precedente, che a Morrone si è svolta nel gennaio 1613, e soprattutto per impostare il Sinodo Diocesano del 1615, che mons. Eustachio ritiene il mezzo indispensabile per il rilancio della pastorale e per l'applicazione degli insegnamenti del Concilio di Trento.

Occorre tastare il polso al clero che, in diocesi è abbastanza numeroso: 186 persone fra sacerdoti, chierici e diaconi, senza contare gli Ordini religiosi. Soprattutto è necessario costatare direttamente le condizioni materiali e morali del gregge di 14.000 anime a lui affidato. Mons. Eustachio ha una grande guida spirituale cui ispirarsi; è Carlo Borromeo, il vescovo di Milano, che tanto ha influenzato la spiritualità in quel periodo ed elaborato il modello delle Visite pastorali e dei Sinodi Diocesani.

Appena giunto a Morrone, sceso dalla carrozza circondata dal popolo, mons. Eustachio è accolto dal clero, dall'arciprete, don Marco Egipsio e dal feudatario, il duca di Telese. Accompagnato nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, recita la preghiera « pro visitatione incipienda », celebra la messa e riceve l'atto d’obbedienza dal clero. Invita il suo coadiutore, don Paolo Squillante, ad annotare minuziosamente quanto sarà rilevato, in modo da avere una trama sia per il Sinodo sia per i decreti che dovrà inviare a ciascun parroco. Nella chiesa di Morrone, come in altri paesi, sono applicate le raccomandazioni che riguardano la pulizia degli oggetti e paramenti sacri e la conservazione dei sacri oli. Risultano invece disattesi gli interventi che richiedono un certo impegno economico : il fonte battesimale è incrinato e perde acqua; il campanile non ha la porta e quella laterale della chiesa è rotta. Le reliquie sono custodite con cura , ma la finestrella che le conserva non è chiusa. Lo stesso cimitero è privo di porta.

Identica situazione d’incuria e, in alcuni casi, d’autentico abbandono si verifica in altre chiese di Morrone. La chiesa di San Giacomo non è chiusa di notte e così pure quella di Sant' Angelo, grancia della badia di Casalpiano; grave ignavia se si pensa che si trovano all'interno dell'abitato. Proseguendo nella visita, mons. Eustachio si reca in campagna e chiede di riunire i massari, i coloni, i garzoni nella badia di Santa Maria di Casalpiano. Coglie l'occasione per ricordare al clero l'obbligo della cura delle anime anche nei confronti delle popolazioni rurali, solitamente trascurate.

A Casalpiano il Vescovo verifica la condizione di povertà delle campagne, che si ripete in molti luoghi. Più volte si soffermerà su quest’aspetto, ricordando anche l' indigenza degli otto villaggi albanesi, che vivono secondo il rito greco e perciò le chiese non sono parrocchiali né godono di rendite. Nelle masserie e nei feudi rustici gli Albanesi addirittura vivono in « pagliare », e non hanno che sporadici contatti con i paesi, come, ad esempio, quelli ospitati nei casali rurali di Casacalenda. I Sacerdoti sono tutti orientali o consacrati da un vescovo orientale e, perciò, Eustachio chiede che il Collegio Romano ospiti un certo numero di studenti.

Il tetto e il muro laterale della chiesa di Casalpiano sono in parte crollati. L'attigua cappella, di Sant'Orsola non ha la porta ed è del tutto priva di immagini, oggetti e paramenti sacri. L'appello alle elemosine dei fedeli è inutile, tanta è la penuria dei tempi. Il Vescovo si vede costretto ad imporre al parroco e all'abate di far fronte agli impegni sotto pena del sequestro delle proprie rendite. Si tratta di una minaccia che mons. Eustachio è costretto a ripetere in numerosi paesi; in effetti il clero vive in un grave disordine morale ed è dedito più alla caccia di benefici economici che alla pastorale. Quasi tutte le chiese sono sprovviste del nuovo Messale e pochissime si doteranno del « Piccolo Catechismo» scritto in lingua italiana dal Card. Roberto Bellarmino, che consacrò vescovo mons. Eustachio e verso il quale nutrì stima profonda.

Proseguendo nella Visita, il Vescovo si reca sul luogo dove sorgevano antiche chiese, distrutte ed abbandonate e vi fa erigere una croce in memoria : San Rocco, Sant' Angelo, nei pressi della porta del paese; Santa Maria Maddalena; Santi Marco e Nicola; San Vito, proprio vicino all'antico monastero di San Roberto. Visita , per ultima, la chiesa di San Giovanni delli Rossi, che minaccia la rovina e richiede un intervento di ampio rifacimento da parte dell’Abate. La Visita si conclude con la grande festa della Cresima, ma il Vescovo non ha certo il cuore felice.

Pur appartenendo alla Congregazione dell'Oratorio, fondata da San Filippo Neri, il campione dell'ottimismo cristiano, mons. Eustachio conserva una tempra medievale che lo spinge a continui sacrifici e ad abbracciare il cilicio, che è causa di dolore, infezioni e continue febbri. La sua fede nasce dal dolore e richiede l'integra adesione al sacrificio di Cristo.

Per questo la sua breve permanenza in diocesi, circa quattro anni, fu molto avversata. Nella stessa Corte vescovile, il suo stile votato alla rinuncia e alla povertà era fonte di incomprensioni e diffidenze. Né poteva sentirsi contento di un clero il cui lassismo aveva permesso la diffusione in diocesi di alcune eresie, specie nelle campagne.

Ma mons. Eustachio, piuttosto che rassegnarsi alla pura amministrazione, in tutte le epoche comoda, poco impegnativa e fonte di lauti guadagni, preferì lottare e, allo stremo delle forze scelse di tornare nell'Oratorio, rinunciando all'anello vescovile.


GIOVANNI DOGANI

 

 

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